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re! Signore! Voi me la farete la grazia! Voi mi lascerete
il mio figliuolo. Signore! E il figliuolo ascoltava, inten-
to, cogli occhi fissi sulla candela, e cercava di sorridere,
e dire di sì col capo anche lui.
Tutto il villaggio impazzì a strologare i numeri di quel
fatto: ma chi ci vinse l ambo fu solo la gnà Venera. Anzi
ci avrebbe preso il terno se ci metteva anche il sangue
che si era trovato nella piazzetta, poiché mastro Cola an-
naspando e barcollando era andato a cascare giusto nel
punto dove l anno prima aveva fatto il ladro del Miste-
ro. Però la gnà Venera dovette spatriare dal paese, per-
ché nessuno gli comperava più il pane del panchetto, e
la chiamavano «la scomunicata». Compare Nanni, an-
che lui durò un pezzo a scappare di qua e di là, per le
sciare e le chiuse, ma alla prima fame dell inverno lo
avevano acchiappato di notte vicino alle prime case del
paese, dove aspettava il ragazzo che soleva portargli il
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Giovanni Verga - Novelle Rusticane
pane di nascosto. Gli fecero il processo e se lo portaro-
no di là del mare, col marito di comare Filippa.
Anche lui, se non avesse pensato di mettersi la gon-
nella della «scomunicata» per fare la Beata Vergine!
Letteratura italiana Einaudi 31
Giovanni Verga - Novelle Rusticane
MALARIA
È vi par di toccarla colle mani come dalla terra gras-
sa che fumi, là, dappertutto, torno torno alle montagne
che la chiudono, da Agnone al Mongibello incappuccia-
to di neve stagnante nella pianura, a guisa dell afa pe-
sante di luglio. Vi nasce e vi muore il sole di brace, e la
luna smorta, e la Puddara, che sembra navigare in un
mare che svapori, e gli uccelli e le margherite bianche
della primavera, e l estate arsa, e vi passano in lunghe fi-
le nere le anitre nel nuvolo dell autunno, e il fiume che
luccica quasi fosse di metallo, fra le rive larghe e abban-
donate, bianche, slabbrate, sparse di ciottoli; e in fondo
il lago di Lentini, come uno stagno, colle sponde piatte,
senza una barca, senza un albero sulla riva, liscio ed im-
mobile. Sul greto pascolano svogliatamente i buoi, rari,
infangati sino al petto, col pelo irsuto. Quando risuona
il campanaccio della mandra, nel gran silenzio, volan via
le cutrettole, silenziose, e il pastore istesso, giallo di feb-
bre, e bianco di polvere anche lui, schiude un istante le
palpebre gonfie, levando il capo all ombra dei giunchi
secchi.
È che la malaria v entra nelle ossa col pane che man-
giate, e se aprite bocca per parlare, mentre camminate
lungo le strade soffocanti di polvere e di sole, e vi sentite
mancar le ginocchia, o vi accasciate sul basto della mula
che va all ambio, colla testa bassa. Invano Lentini, e
Francofonte, e Paternò, cercano di arrampicarsi come
pecore sbrancate sulle prime colline che scappano dalla
pianura, e si circondano di aranceti, di vigne, di orti
sempre verdi; la malaria acchiappa gli abitanti per le vie
spopolate, e li inchioda dinanzi agli usci delle case scal-
cinate dal sole, tremanti di febbre sotto il pastrano, e
con tutte le coperte del letto sulle spalle.
Laggiù, nella pianura, le case sono rare e di aspetto
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Giovanni Verga - Novelle Rusticane
malinconico, lungo le strade mangiate dal sole, fra due
mucchi di concime fumante, appoggiate alle tettoie crol-
lanti, dove aspettano coll occhio spento, legati alla man-
giatoia vuota, i cavalli di ricambio. O sulla sponda del
lago, colla frasca decrepita dell osteria appesa all uscio,
le grandi stanzucce vuote, e l oste che sonnecchia accoc-
colato sul limitare, colla testa stretta nel fazzoletto,
spiando ad ogni svegliarsi, nella campagna deserta, se
arriva un passeggiero assetato. Oppure come cassette
di legno bianco, impennacchiate da quattro eucalipti
magri e grigi, lungo la ferrovia che taglia in due la pianu-
ra come un colpo d accetta, dove vola la macchina fi-
schiando al pari di un vento d autunno, e la notte corru-
scano scintille infuocate. O infine qua e là, sul limite
dei poderi segnato da un pilastrino appena squadrato,
coi tetti appuntellati dal di fuori, colle imposte scon-
quassate, dinanzi all aia screpolata, all ombra delle alte
biche di paglia dove dormono le galline colla testa sotto
l ala, e l asino lascia cascare il capo, colla bocca ancora
piena di paglia, e il cane si rizza sospettoso, e abbaia ro-
co al sasso che si stacca dall intonaco, alla lucertola che
striscia, alla foglia che si muove nella campagna inerte.
La sera, appena cade il sole, si affacciano sull uscio
uomini arsi dal sole, sotto il cappellaccio di paglia e col-
le larghe mutande di tela, sbadigliando e stirandosi le
braccia; e donne seminude, colle spalle nere, allattando
dei bambini già pallidi e disfatti, che non si sa come si
faranno grandi e neri, e come ruzzeranno sull erba
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